Ottobre 26, 2021

Turing, intelligenza artificiale. Un punto di vista ?

By Andrea Padovano

COMPUTING MACHINERY AND INTELLIGENCE è il titolo di un paper di Turing che contiene una definizione di intelligenza artificiale.

Riportiamo il link dell’elaborato del 1950 Microsoft Word – TuringTest.doc (umbc.edu)

Rimandiamo alla lettura del testo che è una pietra miliare del genio di Turing e voglio dare alcune considerazioni spero non semplicistiche.

Su wikipedia si schematizza l’Imitation Game con il disegno sotto. Un osservatore, deve capire se il soggetto A è un uomo o una macchina.

The Imitation Game

Mi ha colpito recentemente leggendo il Paper, l’associazione con la frase di Eco.

“In tal senso la semiotica, in principio, è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire.”

Umberto Eco, Trattato di Semiotica Generale.

Vorrei dare una interpretazione semiotica del Paper di Turing, facendo alcune considerazioni nell’ambito dell’Archelogia.

Turing da una definizione della intelligenza artificiale che è strettamente semiotica. Ne sottolinea le possibili critiche nel Paper ed effettua una operazione che ha ragioni molto pragmatiche. Sostituisce all’oggetto il suo segno, comunque permettendo una rappresentazione efficace per i suoi studi e per la visione di quello che sta cercando di progettare (con una visione di lungo periodo sconvolgente).

La definizione è molto semplice (a posteriori naturalmente).

Estendiamo lo schema di prima.

L’osservatore C, interagisce con “qualcosa” che potrebbe essere o umano (un pensiero) o artificiale (l’intelligenza artificiale). “Possono le macchine pensare ?”.

L’interazione con gli oggetti avviene tramite il loro segno (convenzionalmente definito |intelligenza artificiale|, per differenziarlo dall’oggetto in se ||Intelligenza Artificiale||). Vista la non possibilità di definire a livello ontologico come si possa definire umana una intelligenza artificiale (||Intelligenza Artificiale|| = ||Intelligenza Umana||) semplicemente Turing dice : Se una cosa appare come una altra, possiamo definirla come l’altra (applicato naturalmente alla caratteristica principale dell’oggetto in questione che è il pensiero). Cioè se due segni appaiono della stessa classe, allora sono (sotto il profilo semiotico) la stessa cosa. Appari comportarti come un umano ? Allora possiamo definire che sei un umano e pensi come un umano (“Possono le macchine pensare ?”). Conclusione molto intelligente e che permette di dare una definizione (semiotica) alla |intelligenza artificale|. Se due segni appaiono come uguali (cioè non possono essere riconosciuti diversamente), allora sono lo stesso segno. Considerazione contemporaneamente banale (tautologica) ma anche di una potenza geniale. Che fra l’altro rafforza la mia convinzione a riguardo della relazione di Potere come connotazione del segno.

Turing nel Paper descrive molto bene i limiti, le possibili critiche. Classifica le critiche. Le guarda da varie angolazioni.

Non dimentica il problema ontologico della intelligenza artificiale. Ma ai suoi fini, tutto questo parlare non serve. Serve dare una definizione e farne di questa una visione collettiva.

Ma andiamo oltre. Sarebbe impossibile anche per un genio, non perdersi in una definizione ontologica di ||intelligenza artificiale||. Infatti il problema non è di la (in A e B per intendersi nello schema). Cioè nel rapporto fra oggetto e segno. Oppure nel concetto di classificazione. Anzi, potremmo dire che C (l’osservatore) potrebbe anche essere un computer a sua volta. Classificare segni è un qualcosa che le macchine fanno attualmente molto bene.

Il problema è da questa parte (C) perchè ha a che fare con un sottile aspetto. E cioè la capacità di C di decidere di fare l’esperimento in piena libertà e non soggetto a cause fisiche, chimiche, psicologiche, ecc. ecc. Cioè è il potersi sedere al tavolo con quella che chiameremmo libero arbitrio. Sarebbe interessante, dare una definizione ontologica di intelligenza artificiale. Questo però ci riporterebbe molto lontano e sempre al rapporto fra oggetto e suo segno. Quando parliamo di concetti e segni, tendiamo a saltare i piani fra oggetti e segni in maniera troppo facile e scontata.

Non si occupiamo ora però di questo e voglio approfondire due temi, di cui uno centrale per l’analisi Archeologica.

  1. Il primo tema è la relazione di Potere generato da questo atto di produzione del segno di Turing.
  2. Il secondo tema, ancora più centrale e collegato al primo è l’oggetto di analisi dell’Archeologia.

Il primo tema è interessante. La produzione di un segno (con definizione tautologica) crea la classe degli uomini che non sono dotati di corpo fisico umano. O meglio. Se riflettiamo alle possibili interazioni con quel tipo di “intelligenti artificiali” potremmo dire che sarebbero indistinguibili come utenti di Facebook, come operatori telefonici, o altre interazioni non fisiche rispetto agli esseri umani. Il discorso è sottile e se vogliamo capzioso. Ma ha una rilevanza non secondaria o trascurabile. Il simbolo del computer nella immagine precedente è puramente arbitrario. Se noi pensiamo ad una macchina (di qualsiasi tipo) che sia talmente potente da “fingersi” uomo, di fatto è un uomo senza corpo. Si strutturerebbero quindi delle relazioni di Potere basate sulla classe degli uomini e la classe degli uomini senza corpo. Le macchine intelligenti appunto. Possiamo infatti ipotizzare che la replica di un corpo umano sia ancora tecnologicamente lontano come obiettivo. Mentre le evoluzioni nella intelligenza artificiale sono veramente molto rapide e sorprendenti. Tutti questi scenari da una parte inquietano il nostro futuro, dall’altra sono l’affacciarsi di un nuovo paradigma molto affascinante, con le sue potenzialità ed i suoi pericoli.

Si potrebbe obiettare. Si ma anche se appare, non è. Cioè non può pensare. E qui si torna alla definizione semiotica della intelligenza artificiale. Siamo proprio sicuri che le nostre relazioni siano in grado di pensare ? Noi, il nostro io è in grado di pensare. Di questo abbiamo certezza. O meglio, anche il più convinto degli atei, rosicherebbe un po’ a pensarsi in fondo in fondo come una causa certa di miliardi di complesse interazioni prevedibili. Un inizio. Un modello. Una conseguenza.

Ma gli altri ? Siamo così sicuri che non siano pupi di un mondo virtuale ? Abbiamo contezza della loro capacità di pensare ? Noi vediamo il loro segno. Anche loro di fatto ci appaiono come segni. Potremmo fare il gioco provocatorio di chiamarli |altri pupazzi| ed allora il mondo sarebbe popolato di |altri pupazzi| di classe e sostanza completamente diversa dal mio io.

Questo introduce il secondo tema e cioè l’oggetto di studio dell’Archelogia. L’Archelogia nasce da alcune riflessioni sul rapporto fra democrazia e dittatura. In generale l’analisi dei rapporti di Potere che sottendono alla ascesa, mantenimento del Potere e declino dei dittatori, con particolare riferimento al fascismo. Sono sempre stato affascinato della dinamica della evoluzione del Potere e tutte queste riflessioni nascono da un punto di partenza storicamente identificato. Cioè cambiando contesto ma di poco, cosa porta una democrazia (per esempio il contesto posto prima guerra mondiale in Germania) verso il nazismo ? Cioè come tutti quegli uomini “belli bravi e democratici”, diventano ingranaggi della peggiore tragedia storica.

La riflessione del punto 1, porta come conseguenza all’analisi di una piazza. Che differenza esiste fra una piazza che osanna un dittatore costretta da qualche rapporto di Potere anche violento, ed una piazza che osanna un rappresentante democraticamente eletto, senza costrizione e per libera associazione ?

Ecco. L’Archelogia non può dare risposte che siano basate sull’osservatore C. Ma deve dare risposte basate sul contenuto segnico della piazza, della folla, delle relazioni, del contesto, allargate a piacere a contesti sociali, anche trasversali. L’Archelogia non può dare una visione dall’interno di un osservatore “libero pensatore”. Ma deve porsi il problema di una osservazione puramente semiotica della realtà. L’opinione delle folle non conta. Non deve contare.

Questa cosa ha come effetto collaterale che l’intelligenza artificiale (nella definizione di Turing) diventa oggetto di studio di una relazione di Potere. Conseguenza da ponderare molto attentamente, ma che è purtroppo poco evitabile per le premesse che sono date. Questo vuol dire porsi il problema della volontà, degli atti di Potere SOLO come eventi misurabili scientificamente.

La conseguenza immediata, un po’ più inquietante e per la quale è necessario approfondire il ragionamento:

una |democrazia| ed una |dittatura| che appaiono uguali da misurazioni, eventi, atti, indagini, di carattere scientifico, a tutti gli effetti, sotto il profilo semiotico sono la stessa cosa. Se vogliamo l’acqua calda.

L’obiettivo dell’ Archelogia non può che essere analizzare le differenze dei sistemi. Esercizio relativamente semplice a bocce ferme (cioè nei periodi stabili come per esempio per il fascismo dopo il Dicembre 1925) ma meno semplici nei periodi di trasformazione da una forma all’altra. Cioè, in sintesi quali sono i legami e le relazioni di Potere che portano da una democrazia ad una dittatura e viceversa, quali sono i rapporti che portano al disfacimento di una dittatura.

Se (forse) abbiamo definito cosa cercare, ora lo sforzo sarà trovarlo.