Il segno come atto di Potere
Parlare delle basi è sempre sconveniente e complesso. Soprattutto proporre nuovi approcci e definire nuovi soluzioni su cose comunemente accettate. Probabilmente non ho capito e quindi premetto tutto questo prima di parlare di segni. Peirce o Morris che siano.
Peirce ha proposto una visione dei segni strutturati secondo un triangolo basato su oggetto, interpretante e representament.
La straordinaria visione di Peirce (o Morris) è pensare la realtà, ma anche il pensiero come una serie di segni. Tutto è segno. Anche le idee concettuali.
Voglio però partire da una serie di considerazioni spero non banali. Riporto una citazione su una serie di slide che trovate anche nei link utili (Peirce (giovannimanetti.it)).
chiediamoci che cosa intendiamo quando diciamo che una cosa è dura. Evidentemente intendiamo che non possa essere facilmente scalfita da altre sostanze. L’intera concezione di questa qualità, come di qualsiasi altra, sta negli effetti concepiti. Non vi è assolutamente nessuna differenza fra una cosa dura e una cosa molle finché esse non
vengono messe alla prova.
[Peirce, 1878, “How to Make Our Ideas Clear”, in The
Popular Science Monthly, vol. 12, pp. 286-302, trad. it. in Scritti scelti, p. 216]
In realtà vorrei sottolineare alcuni aspetti legati al segno:
- che l’atto di semiosi è in riferimento ad una classe e non ad un oggetto.
- che il Potere è pervasivo anche a livello di segno.
Io credo che il riferimento ad un oggetto valga per alcuni tipi di oggetto ma non per tutti. In particolare se io penso ||albero|| esiste effettivamente l’oggetto ontologico albero ? O l’idea dell’albero (il segno stesso concettuale |albero|) non è quello che noi definiamo albero stesso che poi viene tradotto in segno linguistico ? Al di là di questi sofismi che potrebbero lasciare il tempo che trovano, il segno nasce da una classificazione concettuale.
Questa classificazione non è un dettaglio da poco perchè quanto meno testimonia che le strutture mentali che stanno dietro al concetto di Potere sono le stesse che stanno dietro alla classificazione dei concetti. Ragioniamo in termini di classe, perchè la semiosi è un processo di classificazione.
Per tutta una serie di oggetti, il segno è la costituzione di una classe mentale basata su un classe di oggetti reali (che però a loro volta sono segni se vogliamo proprio essere precisi) che da luogo al concetto di albero. E quindi poi alla traduzione linguistica dello stesso. Nessun segno può nascere senza un rapporto con la classe. Tutto questo si traduce nel fatto che le relazioni di Potere sono strettamente legate al concetto di classe.
Quindi il concetto di duro viene successivamente ad esperienze classificabili come duro e così come morbido. L’esperienza non è un “a posteriori” rispetto al concetto segno. Ma il concetto si forma a partire dalle esperienze (chiamiamoli segni fisici se vogliamo). Io credo che il nostro cervello ragioni in maniera molto simile all’intelligenza artificiale (naturalmente è il contrario), anche se possiede la capacità di applicare anche ragionamenti deduttivi sofisticati che le macchine non sono ancora in grado di applicare. Deduzione, inferenza ed abduzione sono meccanismi che si fondono spesso nel processo di semiosi dando come risultato il segno.
Se vogliamo la considerazione precedente è un dettaglio, se non forse testimonia che le strutture scelte per la descrizione del Potere sono molto più di basso livello di quanto si possa pensare ad una prima analisi.
Altro concetto fondamentale è che ritengo che il Potere sia pervasivo anche a livello di segno. Cioè, tradotto in parole più semplici ed efficaci, il processo di semiosi è un atto di Potere.
Se prendo per esempio il concetto “bene” (o “bello” se preferite). Lasciando stare il punto se esista il “bene” in se. La domanda che pongo è : esiste il concetto “bene” senza un corrispondente atto relazionale, di classe (e se vogliamo di profitto) che da come risultato quello che noi pensiamo effettivamente sia il “bene” ?
Non siamo per definizione un animale sociale e vogliamo dimenticare che i concetti si formano in un processo semiotico che ancora prima di essere comunicativo è fisicamente (da polvere e sudore) sociale ? Li fuori esiste qualcosa come padre, madre, fratello, sorella, moglie, figlio, figlia, che a loro volta sono coinvolti in relazioni di relazioni che contribuiscono nel processo di semiosi a produrre concetti.
Io ritengo che la relazione di Potere sia indissolubilmente collegata ai segni (quanto meno quelli astratti corrispondenti al nostro agire etico). Il Potere non è qualcosa di altro nel processo di semiosi e della costituzione dei concetti. “bene” “bello” ed altro, sono il risultato di una relazione sociale e di classe (ma talvolta anche di profitto) e quindi sono un atto di Potere.
A mio parere la semiotica tende a sotto valutare questo processo di costituzione dei segni (o meglio ne trascura la pervasività).
Traducendo quanto detto, ed analizzando il famoso triangolo, parlare di oggetto e di interprete vuol dire non considerare un aspetto fondante del processo di semiosi. E cioè la costituzione del segno come atto quanto meno relazionale (quindi sociale).
Umberto Eco ha teorizzato una estensione del concetto relazionale di Peirce.
Prof Stefano Traini lezione unit 5 – Eco (parte 1) – YouTube
Al minuto 45, si introduce il concetto del modello enciclopedico (in estensione della semantica a tratti) come relazione di simboli che semanticamente descrivono cosa è |uomo|. Riporto questa lezione perchè è molto chiara rispetto all’analisi del “Trattato di Semiotica Generale”.
Questo approccio molto efficace (anche se forse meno dal punto di vista del suo utilizzo pratico in una teoria della computazione) ritengo vada esteso ulteriormente.
Il rapporto fra simboli, aggiungendo un ulteriore classe di simboli (gli uomini e le classi di uomini essi stessi come interpretazione) non diventa altro che un reticolo di relazioni di Potere (a cui manca solo la semantica del profitto a completamento).
Quanto teorizzato da Eco, va quindi esteso con la carne viva. Appunto uomini (o i segni degli uomini), creando un reticolo di relazioni di Potere. Quindi non solo un approccio semantico ai segni. Ma un approccio simbolico alla declinazione di Potere.
Il modello enciclopedico diventa quindi non solo una astrazione culturale-semantica, ma anche una rappresentazione di quello che percepiamo essere il reale.
Tutto questo è fondato su alcuni pre-giudizi. Il primo, più radicato, che il segno dell’uomo sia asimmetrico rispetto ad altri simboli. Cioè di fatto che esistano soggetti dotati della stessa coscienza dell’io percepito. E che quei simboli (le persone per come le percepiamo) possano avere il libero arbitrio di potere deformare il reticolo simbolico non come un atto predeterminato, ma come libera scelta. Tutto questo è un pre-giudizio, appunto.
La differenza (non sottile) è fra un mondo che evolve secondo regole ed un mondo che sceglie la sua evoluzione, in una continua dialettica fra fisica ed autocoscienza.
La fusione di visione fra semiotica del modello enciclopedico e relazioni di Potere è quasi completa anche se la semantica del Potere (il profitto) va ancora approfondito per la sua relazione con i pre-giudizi.