Gennaio 16, 2023

Il pensiero debole : una rivisitazione tagliente di Gianni Vattimo

By Andrea Padovano

La filosofia di Gianni Vattimo* è definita pensiero debole.

Rimando ad una intervista che (senza intenzione di completezza) apre un piccolo scorcio sulla filosofia di Gianni Vattimo:

GIANNI VATTIMO: IL PENSIERO DEBOLE (intervista del 1992) – YouTube

Ugualmente un link ad un articolo molto interessante (purtroppo non ho trovato l’originale):

VATTIMO, IL PENSIERO DEBOLE E LA TRADIZIONE CRISTIANA (filosofico.net)

Gianni Vattimo credo che possa essere classificato come uno dei maggiori filosofi contemporanei. La cui profondità del pensiero è forse non compresa fino in fondo e sicuramente sotto stimata.

Il contributo non solo è originale, ma inquadra la tradizione filosofica recente e la porta a compimento.

La prima considerazione (se vogliamo secondaria ma che non posso trascurare) è il nome dato da Vattimo alla sua filosofia: “pensiero debole”. Chiamerò questo “pensiero tagliente”. Infatti il “pensiero tagliente” entra come una lama profonda nella cicatrice che divide l’essere con l’ente. In quell’area indefinita alla ricerca della verità. Definirlo “pensiero debole” è sminuirne la potenza ed è una definizione che ne sminuisce la reale efficacia e da adito ad incomprensione. La terminologia è in grado di influenzare una idea ? Se parliamo di ermeneutica e di ermeneutica superficiale, la risposta può anche essere si. Convinto.

Il “pensiero tagliente” è quindi un percorso molto profondo che ha radici nella filosofia Europea “contra Hegeliana”.

E’ la svolta contro il nichilismo che ha rappresentato anche per il mio impianto un punto di riflessione. Non secondario.

Il “pensiero tagliente” non afferma la morte della metafisica. Sarebbe solo una nuova metafisica. La verità non è morta. Ne determina i contorni. La verità è un processo metodologico che parte dall’ermeneutica come via di approccio alle proprie verità. Il soggetto che prende uno strumento potente per arrivare alla verità. Non il soggetto metro di ogni verità. Ma il percorso come il modo per avvicinare il soggetto alla verità.

Io non ne condivido la lettura cristiana, ma ne apprezzo il sorpasso del nichilismo come approdo della discussione su ogni verità. La verità è quindi un disvelamento senza confini fissi ed un percorso che vede il soggetto come attore che deve esercitare il “pensiero tagliente”. In realtà, come se ne può dare una lettura cristiana, se ne può dare una lettura matura di molte ideologie forti, con una interpretazione “tagliente”.

L’universo costituito da:

  1. L’essere in quanto tema centrale. Non accessibile al soggetto che interpreta.
  2. Il soggetto in quanto interpretante. Il mondo del pregiudizio e della scelta dell’azione. Ogni azione parte da un pregiudizio e dalla interpretazione dell’essere in quanto fatto ente (al di là di ogni connotazione “religiosa” che ne vogliamo dare). Ogni azione è una scelta di un pre-giudizio sull’essere. Sia essa consapevole, sia essa inconsapevole.
  3. Il mondo dei segni come appaiono. L’altro. Il mondo. Quello che io vedo, che sento, la mia mente in quanto collezione simbolica di quello che accade.

In questa declinazione l’ermeneutica, l’interpretazione del “pensiero tagliente”, è la metodologia (il cacciavite) perchè l’abisso fra la scelta ed il nulla, sia riempito di valori e di significato. Un significato non ontologico. Ma un significato contro il nichilismo del “non esiste una verità”.

Distruggere tutte le verità lascia l’uomo (in quanto soggetto) non in preda al nichilismo. Lo lascia di fronte ad una matura necessità di dovere ricostruire quella verità con un consapevole percorso di interrogazione del mondo alla ricerca ed al governo delle scelte (che comunque accadono).

L’approccio al Potere è quindi una interpretazione ermeneutica della realtà (che in quanto insieme di simboli anche linguistici, non è altro che un testo). Cercherò di declinare ulteriormente questo concetto sull’interpretazione del profitto come analisi di un testo simbolico.

*Sono in generale poco propenso a trattare di altri filosofi. In generale si richiedono anni di studio sul singolo autore perchè, in questo caso, è necessario interpretare quello che voleva intendere il filosofo e non tanto quello che ispira come partenza per le proprie considerazioni. Premetto quindi che le mie considerazioni non vogliono avere un approccio di completezza e di interpretazione ma traggono spunto per chiarire le mie visioni.