Immigrazione : da Wittgenstein all’oggi
Parlare di attualità è sempre pericoloso. Si confondono gli aspetti generali con gli aspetti particolari.
Questo articolo è il mio tributo a tutte le vittime del mare che hanno inseguito una speranza.
Il mondo non è la totalità dei fatti, ma delle interpretazioni. Togliendo al mondo le interpretazioni, ricadiamo in una meccanicistica non degna di nota.
Prendiamo la parola “Immigrazione”. Ad alcuni muove a sentimenti di pietà. Ad altri sentimenti di fastidio.
Il Potere è la capacità di prendere il simbolo e muovere attorno a quel simbolo.
La parola non è più discorso complesso. Logico.
“L’immigrazione è un diritto universale”. “L’immigrazione nuoce all’economia”. I fatti (interpretati) sono sempre complessi ed il metro di giudizio è logico ma anche basato sui pre-giudizi, sulle convinzioni a priori che ci diamo e che agiscono sulle nostre credenze ed azioni.
“Immigrazione” diventa quindi un simbolo che non rimanda ad altro che non a se stesso. Simbolo esso stesso del suo concetto. Sradica la capacità di analisi di chi guarda e diventa puro attrattore senza ragionamenti.
Il mondo è così. Pensiamo che sia una correlazione logica di eventi e che il nostro giudizio sia asettico, equilibrato, mediano.
Invece seguiamo una bandiera e siamo incapaci di andare oltre al simbolo. A ricreare quelle connessioni fra concetti e strutture che ci permetterebbero di analizzare meglio i fatti. Il già citato pensiero tagliente che pone al centro l’ermeneutica (Il pensiero debole : una rivisitazione tagliente di Gianni Vattimo – Archelogia).
So benissimo che le persone, l’altro, sono un pregiudizio della mia mente. Non c’è prova alcuna e mai l’avrò che esistano altri. Ma avverto che questo pregiudizio sia vero.
Sradicare la filosofia dall’uomo, quell’uomo, non solo l’io ma anche l’altro, è trascurare che il mondo è, ma potrebbe essere diversamente.
“Immigrazione”, come ogni simbolo (unità culturale o come vogliamo chiamarla) può essere descritta in una declinazione di Potere (La conferenza sul Potere visto dall’Archelogia – Archelogia). Credo che la parte più vera sia che esistano traiettorie che possano essere cambiate e dentro ognuno di noi la scelta se cambiarle o non cambiarle.
Non trovo nella filosofia di Wittgenstein questa scelta sulla carne del mondo. Le proposizioni, i barconi che si gettano nel mare, sussistono nello stato di cose. I morti sussistono nello stato di cose.
Il principio che mi sento di vivere nella mia filosofia è che quel fatto, può vedermi indifferente. Oppure indignato. Passivo o attivo.
Ho in mente quel pescatore che da giorni non dorme per il rimorso di non avere salvato una vita.
Sradicare i concetti dalla possibilità di scegliere rende i fatti troppo oggettivi per dimenticarsi che sono essi stessi oggetti di Potere.
Inoltre, in maniera ancora più negativa, mi sento che la mia analisi è vuota. Mi sfuggono gli interessi in questo caso. Se non la pesante affermazione che l’interesse è l’affermazione dello stesso simbolo per ragioni simboliche. “Immigrazione”. Simbolo negativo per simbolismo. Il paradosso dell’atto di Potere. “Guerra Santa” che perde ogni significato e si impone a se stesso ed agli altri per puro Potere.
E là giace il corpo di colui che ha scelto di partire. E possiamo piangere o sorridere. Rallegrarci o fare pensieri profondi o vuoti. Il fatto non cambierà, se non potremo pensare che potrà essere cambiato.
Ci scorrono le cose addosso, come l’unica cosa fosse discutere dei simboli, piuttosto che degli altri.