Novembre 14, 2021

Sul concetto di libertà

By Andrea Padovano

Libertà è un concetto molto abusato in questo ultimo periodo. Voglio fare alcune considerazioni di carattere filosofico.

Il mio pensiero è che la parola libertà rimanda a concetti equivoci e tutto questo è fonte di ambiguità.

L’Archelogia si concentra su aspetti materiali, con un approccio semiotico cerca di analizzare le relazioni di Potere come queste possono essere percepite, e quantitativamente definite.

Questo porta (come ha portato Cartesio) ad una identificazione di un io (che pur essendo metro di tutte le cose, non è oggetto di studio dell’Archelogia) ed un altro (chiamiamola struttura dei segni, empirismo, ecc. ecc.) che è oggetto di analisi dell’Archelogia con un approccio sistematico. Questa separazione naturalmente non è una novità. Rimando per esempio ad alcuni riferimenti, come per esempio la filosofia della mente (Filosofia della mente – Wikipedia) oppure il concetto di qualia (Qualia – Wikipedia), come pure ai lavori di Cartesio, Popper ma anche sotto altri versi Wittgenstein, eccetera, eccetera.

Ecco. Il concetto di libertà, la parola |libertà|, sono estremamente ambigui. E dietro ogni ambiguità, si nasconde una relazione di Potere.

Quando parliamo di libertà usualmente ne diamo una interpretazione soggettiva. Io sono libero di esprimermi. Di muovermi. Di pensare. Ne do un giudizio personale, individuale. Il mio io che giudica il rapporto con il mondo. E ne trae le conseguenze. Il concetto ci è chiaro. Semplice e scontato come bere un bicchiere d’acqua. In realtà anche in questo caso si potrebbe approfondire se questa libertà è riconducibile ad una fisicità ultima e quindi… (ma questo non è oggetto di studio dell’Archelogia o almeno non da questo lato del problema). Come di fronte al concetto di libertà, lo spazio dell’io è lo spazio della solitudine rispetto alla decisione. Il bene. Il male. Il giusto. L’ingiusto. Le cose di cui non si dovrebbe parlare. La scelta. La spiritualità. La divinità.

Quando però parliamo della libertà con un declinazione sociale, qua esplodono le ambiguità. Ed è una esplosione di ambiguità. Altro che.

La prima ambiguità deriva dal fatto che quando esco dall’io, i giudizi vengono dati senza conoscere le intenzioni. Ed il paradigma quindi cambia radicalmente.

Prendiamo per esempio un oggetto. Un cellulare di grido. Vado al quarto piano. Metto la mano fuori dalla finestra. Lo lascio andare nel vuoto. Quale è l’effetto ? Possiamo dire che l’oggetto è libero di cadere ? Assolutamente no. Possiamo asserire, anche nel senso comune che l’oggetto è vincolato da qualche regola a cadere. L’informazione associata all’evento è minima (usando termini di teoria dell’informazione). Potremmo anche non fare la prova. Sappiamo che il cellulare si schianterà al suolo. Il cellulare non è libero.

Se applichiamo lo stesso concetto ad una scelta fatta da una serie di persone di fronte ad un fatto, si cade appunto nell’ambiguità. Se una persona prende sempre la stessa decisione di fronte ad un problema è libero ? Noi proiettiamo verso di lui la nostra opinione e di solito diciamo che è libero se pensa come noi e non è libero se la pensa diversamente (ma questo è un fatto psicologico e non empirico). Ma possiamo descrivere il problema in termini di intenzione ? Oppure tutto questo è una arbitraria proiezione delle mie convinzioni ?

Se vogliamo capire se una certa persona è libera, non possiamo che analizzare le relazioni, le classi di cui fa parte e se in qualche modo è soggetto a flussi di profitto. Tutto il resto non può che essere una opinione.

Che il termine sia ambiguo lo evidenziamo in questo altro esempio. Chiediamo ad una certa persona cosa pensa di una certa cosa. Se fosse libero potrebbe rispondere quello che vuole. Ed addirittura se fosse libero anche dalla propria opinione, risponderebbe casualmente ogni volta che poniamo la domanda. Quindi la persona più libera di questo mondo è lo sciocco. Il pazzo. Lo stolto. Ed anche in questo caso il senso comune ci da una visione totalmente diversa.

Mentre noi proiettiamo il concetto di libero arbitrio sull’altro ed appunto siamo portati a pensare che agisca liberamente se la pensa come noi, e che non agisca liberamente se la pensa diversamente da noi (ed anche se non arriviamo a pensare questo, comunque pensiamo a qualche tipo di vincolo se la pensa diversamente portando nel ragionamento sempre un qualche pregiudizio).

In realtà il concetto di libertà applicato al sociale non può che essere attinente al porsi il problema se la scelta viene fatta senza vincoli esterni, senza vincoli di classe e senza influenze di profitto.

Quando sento slogan che urlano, “libertà, libertà, libertà”, mi pongo sempre la domanda su quale piano viene citata la parola e soprattutto se tutte le persone hanno contezza dei loro vincoli esterni, dei loro vincoli di classe e delle influenze del profitto.

“libertà” gridato in piazza diventa quindi un segno e come tutti i segni soggetto a relazioni di Potere.

Certo sarebbe molto meglio andare in piazza e gridare “sogno di non avere vincoli esterni, non avere vincoli di classe e di profitto, sogno di non avere vincoli esterni, non avere vincoli di classe e di profitto”. Sarebbe forse più chiaro sulle intenzioni, ma oggettivamente meno potente dal punto vista simbolico. Ah ecco però che i conti tornano. Quando le parole perdono il loro significato e diventano segni, ecco allora che appaiono le azioni fatte in conseguenze di relazioni di Potere.

In questo senso, quando il gesto, la parola, il segno, vengono liberati dal loro significato linguistico o comunicativo (il saluto fascista per intendersi) ecco apparire una relazione più profonda. Vincolata.

Conclusioni.

Dal punto di vista filosofico e del linguaggio, possiamo dire che esiste una declinazione semiotica della libertà, una declinazione dell’io di libertà e teoricamente anche il concetto in se di libertà. Riteniamo che questo aspetto valga per molte categorie etiche del nostro linguaggio. Come la verità (ne ho parlato in altri articoli) anche il linguaggio cambia nel piano dell’io e nel piano della interpretazione dei segni.

Sempre dal punto di vista filosofico, se analizziamo la libertà “semiotica” coincide perfettamente con il concetto di Potere. Quindi l’Archelogia studia il Potere e la Libertà allo stesso modo. Libertà non è altro che Potere, se questa è la declinazione sotto il profilo dell’analisi dei segni.

Dal punto di vista empirico, libertà è un concetto alquanto abusato. E quindi, dove il concetto è ambiguo, magari di cui non si dovrebbe parlare (alla Wittgenstein) oppure quando il segno perde i sottostanti comunicativi e logici, la relazione di Potere gongola.

Dal punto di vista del linguaggio, bisognerebbe non usare termini che parlano di concetti diversi in contesti differenti con lo stesso segno linguistico. La libertà soggettiva (interpretazione del libero arbitrio visto dal se) è molto diversa dalla interpretazione della libertà semiotica (libertà dell’altro vista osservando un fenomeno empirico). Parlerò quindi di libero arbitrio quando intendo la libertà dell’io. Mentre parlerò di libertà intendendo allo stesso modo il Potere. Essendo la stessa cosa analizzato dal punto di vista semiotico.